A cura del dott. Nicola Lorenzini

Il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e la Direzione investigativa antimafia, esegue i controlli sull’osservanza delle disposizioni antiriciclaggio dei soggetti obbligati tra i quali professionisti non vigilati dalle Autorità di vigilanza di settore nonché gli ulteriori controlli effettuati, in collaborazione con la UIF che ne richieda l’intervento a supporto dell’esercizio delle funzioni di propria competenza.

Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza può eseguire, previa intesa con le autorità di vigilanza di settore rispettivamente competenti, i controlli sugli istituti di credito e professionisti soggetti ex art 3 della norma. 

E ulteriormente:

  1. istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica e relative succursali;
  2. punti di contatto centrale di cui all’articolo 1, comma 2, lettera ii);
  3. società fiduciarie e intermediari di cui all’albo previsto dall’articolo 106 TUB;
  4. soggetti eroganti micro-credito ai sensi dell’articolo 111 TUB e i confidi e gli altri    
  1. soggetti di cui all’articolo 112 TUB;
  1. succursali insediate sul territorio della Repubblica di intermediari bancari e finanziari e di imprese assicurative aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro o in uno Stato terzo;
  2. intermediari assicurativi di cui all’articolo 109, comma 2, lettere a), b) e d), CAP,   

    che operano nei rami di attività di cui all’articolo 2, comma 1, CAP;

  1. revisori legali e società di revisione legale con incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regimi intermedio;
  2. soggetti che esercitano l’attività di custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate, in presenza della licenza di cui all’articolo 134 TULPS, salve le competenze in materia di pubblica sicurezza attribuite dal medesimo Testo Unico.

La Guardia di Finanza effettua ispezioni e controlli anche con i poteri attribuiti al Corpo dalla normativa valutaria. I medesimi poteri sono attribuiti ai militari appartenenti ai reparti della Guardia di finanza ai quali il Nucleo speciale di polizia valutaria delega le ispezioni e i controlli;

Negli ultimi mesi,  dalla stampa si apprende come la Guardia di Finanza, abbia aumentato in modo esponenziale la soglia d’attenzione (già alta) per quanto concerne il pieno rispetto della normativa antiriciclaggio.

Le cronache e l’esperienza quotidiana riportano come ultimamente, due commercialisti e un consulente del lavoro sono stati pesantemente sanzionati dalle Fiamme Gialle, con una pena pecuniaria complessiva particolarmente onerosa: €.80.000,00.

Le motivazioni per le quali i tre professionisti hanno subito sanzioni antiriciclaggio così elevate, fa ben comprendere come commercialisti e consulenti del lavoro debbano curare e monitorare, in ogni minimo dettaglio, qualsiasi tipologia di rapporto venga instaurata con i propri clienti, effettuando in modo particolare tutte le necessarie opportune verifiche. 

Il processo verbale di contestazione redatto dalle Fiamme Gialle, infatti, ha imputato loro la colpa di non aver adempiuto a quanto previsto dagli artt. 56,57 e 58 presenti nel d.lgs. 231/2007 e successive modifiche ed integrazioni, che sanzionano i precetti fondamentali previsti dalla normativa antiriciclaggio italiana.

Le inadempienze in materia di antiriciclaggio possono arrivare fino ad € 300.000,00

Scendendo maggiormente nel dettaglio, gli artt. 56 e 57 disciplinano gli obblighi di adeguata verifica e conservazione ai quali devono attenersi i professionisti, onde evitare di incorrere in pesanti sanzioni antiriciclaggio. 

Il d.lgs. 231/2007 ne prevede due distinte: base, che implica una sanzione pecuniaria fissa pari a €.2.000,00; qualificata, il cui importo varia da €. 2.500,00 a €.50.000,00. 

L’entità della sanzione è nella differenza tra le due ed è commisurata alle modalità e al protrarsi del mancato rispetto della normativa vigente, che può essere definito “grave”, “plurimo” o “sistematico”.

I termini di prescrizione, tuttavia, sono differenti: l’art. 56 (obblighi di adeguata verifica) prevede che la prescrizione sia invocabile dopo cinque anni dall’accadimento, ai sensi della L.689/81, mentre per quanto concerne le fattispecie di rilievi previsti dall’art 57 (Obblighi di conservazione) i termini di prescrizione sono ben più lunghi ossia dieci anni, come previsto dal d.lgs.231/2007, che è norma specifica. 

Certamente più rilevanti, invece, sono le ricadute qualora si presuma che il professionista abbia violato l’art.58 (operazioni sospette) che prevede sanzioni antiriciclaggio ben più pesanti dal punto di vista economico; infatti, se la sanzione antiriciclaggio minima è pari ad €. 3.000,00, le violazioni qualificate variano da un minimo di €. 30.000,00 fino ad €. 300.000,00. 

Va da sé, di conseguenza, che il mancato rispetto di quanto previsto dall’art. 58, ovvero la mancata segnalazione di operazioni sospette, potrebbe rivelarsi particolarmente gravosa per il professionista, mettendo a repentaglio, in talune circostanze, anche le fondamenta economiche della propria attività o, in talune circostanze, quelle personali.

Sanzioni antiriciclaggio: il ruolo fondamentale del consulente difensore

La valutazione della sanzione da parte del Mef ha piena validità, nonostante possa apparire ingiusta, infatti, qualora in decreto dirigenziale che la irroga non venisse impugnato dal soggetto sanzionato avanti al Tribunale della capitale entro 30 giorni dalla notifica, l’ingiunzione di pagamento assumerebbe carattere definitivo condannando il professionista al pagamento.

Con un ricorso puntuale e dettagliato, qualora ne sussistessero le motivazioni, il Giudice adito potrebbe ridurre la sanzione irrogata dal Ministero o, come già accaduto in alcuni casi, addirittura annullarla. 

Sarà l’autorità giudiziaria a confermare, eventualmente, le sanzioni antiriciclaggio imposte dal MEF. Ma in più di un caso, la somma pecuniaria è stata ridotta o annullata, dando modo al professionista di poter dimostrare come l’inadempienza compiuta fosse lieve o anche inesistente.

Fondamentale è quindi rapidamente presentare delle memorie difensive che facciano rilevare la correttezza delle proprie ragioni.